L'antica differenza tra Arawak e Caribi | Vivere i Caraibi - Racconti, Miti e Leggende
21.01.2012 Caraibi

La differenza e la descrizione dei due popoli che abitarono queste terre nel'antichità prima dell'arrivo dei conquistadores è riassunto nel racconto "Una siepe di Croton"..."...Quando Karukù...il capo della tribù dei Caribi...tornò all'accampamento provvisorio sulla costa atlantica, comunicò ai suoi quanto aveva scoperto e, con molta abilità, delineò il piano del triplice assalto contro il villaggio indifeso...Fece provare per tre volte l'azione e infine impugnò la sua mazza: era un pezzo di durissimo legno grigioverde, in cui erano stati inseriti, servendosi di una tenacissima resina della foresta, pezzi di pietra e di conchiglia, avvelenati con veleno di manioca. Era un'arma temibile e un vero tesoro per i Caribi che non portavano con sè, nelle canoe con cui erano giunti dall'Orinoco, nè divinità locali nè antichi oggetti preziosi che identificassero la tribù, ma solo quella spaventosa mazza da guerra, perfezionata fino a diventare un micidiale strumento omicida. Essa simboleggia la differenza tra i due popoli: gli arawak tenevano in gran conto la conchiglia di strombo dorato, atta a fornire arnesi e ornamenti per le loro donne, i caribi ne apprezzavano i letali frammenti, che fissavano alle loro mazze; gli arawak si servivano del liquido della manioca per completare la loro alimentazione, i Caribi lo utilizzavano come un veleno fatale per sterminare i nemici; gli Arawak avevano, come Totem, una palla di gomma, i Caribi la mazza distruttrice. Ma, cosa ancora più importante, gli Arawa erano giunti ad un grado di civiltà tale per cui rispettavano, difendevano e adoravano le donne, mentre i Caribi le trattavano come bestie da soma e fattrici di nuovi guerrieri. La lotta che stava per scoppiare tra i due gruppi era destinata a essere impari perchè a breve termine, a spuntarla è sempre la violenza: ci vuole molto più tempo perchè possa prevalere la ragione...Mentre parlavano degli stranieri sulle grandi canoe, e Bakàmu ricordava a Tiwànee quanto desolata fosse la riva orientale, lei chiese soprappensiero: "E' davvero così brutta come dicono le nostre leggende?".  "Peggio ancora" ... "Ma se i nostri antenati l'hanno trovata così inospitale, i nuovi venuti non saranno spinti ad andarsene?"  "Può darsi."  "Non faranno come ha fatto il nostro popolo? Venire qui, sul versante migliore dell'isola?"  ""Forse"  Contiunuando con le sue domande, il volto teso rivolto al marito, scoprì due fatti che a Bakamù parevano particolarmente interessanti. "Il loro capo" le raccontò Bakamù, "un uomo più alto e dall'aria più feroce degli altri, aveva un'enorme mazza che spesso levava alta, costringendo tutti a stargli alla larga. Una volta l'ho visto arrabbiarsi, colpire un uomo con la mazza e stenderlo a terra."  "L'ha ucciso?"  "Credo di sì, altri l'hanno portato via." 

Seguì un penoso silenzio perchè Bakamù voleva, si, mettere al corrente la moglie di un terribile dubbio, ma era restio persino a confessarlo a se stesso. "Tiwànee, devo proprio dirtelo. Poco dopo, quelli che avevano portato via il morto sono tornati con grandi pezzi di carne. Non era di Aguti nè di Lamantino e l'hanno gettata in una pentola accingendosi a un banchetto."  Tiwànee stette ad ascoltare trattenendo il fiato quelle parole dal significato sinistro, poi chiese a mezza voce: "Pensi che abbiano divorato il loro fratello?" Bakàmu rimase in silenzio.  Tiwànee scoppiò a piangere gridando: " Sono tempi perfidi," e il terrore calò su entrambi.

 

   

      Lettura consigliata: "CARAIBI" di James A. Michener

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